PORTICUS AEMILIA

LA PORTICUS AEMILIA  di Claudio Di Giampasquale

Retrostante all’antico porto era distante un centinaio di metri dal fiume e collegava lo scalo merci all'Urbe. La Porticus Aemilia era parte integrante della vita e delle attività dell’Emporium, immenso complesso portuale situato nei pressi del Tevere a sud del colle Aventino, edificato in era repubblicana dagli edili curuli Marco Emilio Lepido e Lucio Emilio Paolo.

In origine la Porticus era lunga circa cinquecento metri e larga sessanta, suddivisa in più ambienti formati da 294 pilastri che in profondità creavano sette file e 50 navate, ciascuna coperta da una serie di volte sovrapposte larghe 8,30 metri. La superficie coperta totale misurava circa venticinquemila metri quadri.

I resti monumentali della Porticus Aemilia hanno caratterizzato nei secoli, insieme al Monte Testaccio e alle Mura Aureliane, il paesaggio della pianura subaventina attraversata dalla via Ostiensis. Alcuni muri superstiti sono tuttora visibili nel cuore del rione Testaccio, in via Branca, in via Rubattino e in via Florio.

Qui, a partire dall'età tardo-repubblicana, venivano immagazzinate le merci scaricate all’Emporium dalle imbarcazioni che rifornivano Roma.

Nel primo secolo dopo Cristo in epoca traianea e successivamente, altri edifici si interposero tra il fiume e la Porticus che venne interessata da ristrutturazioni volte a suddividere le navate in vani più piccoli, destinati oltre che allo stoccaggio anche ad attività manifatturiere.

Dalla la fine del quarto secolo, la piana subaventina subi un processo di “ruralizzazione” e gli edifici furono progressivamente abbandonati. Anche la Porticus Aemilia subì lo stesso destino, come testimoniano i resti delle antiche mura rinvenute nel corso degli scavi con la presenza di manufatti sepolti a ridosso.

Durante il lungo periodo di abbandono l’edificio ridotto a rudere, si integrava nel paesaggio medievale e rinascimentale della piana, costituito prima da spazi rurali adibiti a orti e giardini suburbani e poi da vigneti e frutteti.

I resti della Porticus accolsero nel tempo una vetreria di cui resta traccia nei molti reperti rinvenuti durante gli scavi. Poi un deposito di acque minerali.

Tra la fine del 1800 e il 1900, l’ampia area subì un nuovo processo di edificazione con la nascita dell'attuale rione Testaccio, fino al recente recupero di ciò che resta dell'antica Porticus.

Indagini archeologiche condotte dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici di Roma in collaborazione con il Koninklijk Nederlands Instituut Rome a partire dal 2011, hanno portato alla luce risultati interessanti circa l’utilizzo della Porticus nel corso dei secoli.

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