PALOMBI IN VIA VENETO

C'ERA UNA VOLTA IL PANIFICIO PALOMBI di Claudio Di Giampasquale

Alla fine dell’Ottocento furono tantissimi i marchigiani che presero la coraggiosa decisione di abbandonare la loro terra d’origine per dirigersi verso luoghi sconosciuti alla ricerca di fortuna. In quegli anni, la vita nelle Marche era particolarmente dura e contraddistinta da estrema povertà. Correva l'ultimo decennio del secolo quando Pietro Palombi uno di loro, emigrato giovanissimo nella capitale, apprese con dedizione e sacrificio il duro mestiere di panificatore, rubando con gli occhi nelle panetterie dove trovò lavoro, i segreti dei mastri fornai che quotidianamente sfornavano pani, panini e pagnotte tradizionali, grissini, pizza, biscotti, cornetterie e leccornie salate e dolci d'ogni tipo. S'innamorò del mestiere, si sentiva un privilegiato. A quei tempi il pane rappresentava un simbolo della cultura, della storia e dell'antropologia, della fame e della ricchezza, della guerra e della pace. Per il giovane Pietro il profumo di un pane appena sfornato esercitava fascino romantico, stimolando in lui sensazioni che trascendevano qualsiasi altra tentazione. Diventò il migliore. Nella sua anima germogliarono le giuste ambizioni di un uomo, per lui quella di trasformare la sua passione in qualcosa di concreto. Dopo aver lavorato sodo giorno e notte per diversi anni, con il denaro faticosamente risparmiato anche facendo molte rinunce, con le giuste conoscenze riuscì ad ottenere in uso un locale in via Veneto al civico 114, un negozio a una porta su strada ma di ampia profondità interna, perfetto per realizzare il suo sogno.

Quella via appena costruita, era stata tracciata, come tutto il rione Ludovisi, in seguito alla lottizzazione dell’antica e magnifica Villa Ludovisi per collegare il Tritone a Villa Borghese passando sotto Porta Pinciana. In principio fu denominata solo via Veneto in onore della regione, come molte altre vie del rione. Nel 1919, con apposita Delibera Municipale cambiò in via Vittorio Veneto per commemorare la battaglia, vinta dagli italiani nella Prima Guerra Mondiale contro gli austriaci in quel luogo.

Ma torniamo ar sor Pietro, indietro di una ventina d'anni. Era il 1898 quando aprì il panificio che, con i suoi antichi forni in ghisa fabbricati a legnano dalla fonderia Pensotti, è divenuto uno dei più prestigiosi di Roma. Con il sui croissant salati che contenevano tra gli ingredienti il parmigiano reggiano che sprigionava gli aromi quando gli stessi venivano riscaldati farciti di prosciutto crudo e mozzarella di bufala ...roba da libidine. Famosi erano i bottoncini e i medaglioni al latte. Il pane imperiale o gli stampini a forma di cuore o di quadrifoglio. Eppoi le mitiche rosette completamente vuote che pesavano ognuna "trenta grammi precisi" ed erano perfette per chi voleva mantenere la linea. Le baguette. Le manine e il pane ferrarese. E molti altri tipi di pane raffinato nella composizione e prelibato nel gusto. Pane unico nel suo genere, che una marea di intenditori correvano ad acquistare come possibile da ogni parte della città.

Nel novembre del 1922 esattamente dopo centoventiquattro anni dalla sua fondazione, il panificio Palombi, divenuto nel frattempo oltre che forno anche caffè e pasticceria, ha chiuso i battenti lasciando i propri clienti orfani delle sue prelibatezze salate e dolci. Una perdita incommensurabile per la città di Roma. Una pietra miliare che non indica più la strada della tradizione.

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