L'OSPEDALE DELLE BAMBOLE

L' OSPEDALE DELLE BAMBOLE  di Claudio Di Giampasquale

Via di Ripetta nel cuore del rione Campo Marzio insieme a via del Babuino e via del Corso è parte integrante del complesso stradale conosciuto come “er Tridente” una famosa area urbana innervata sulle tre direttrici rettilinee che da piazza del Popolo si dirigono verso sud. Ripetta ne costituisce la delimitazione occidentale.  Al numero civico 29 vi è dal lontano 1939 la suggestiva bottega “Restauri Artistici Squatriti” meglio conosciuta nella città come “Ospedale delle bambole”. Quest’antico esercizio forse un po' inquietante ma molto particolare è anche denominato da non pochi romani “negozio der terore” per la presenza di centinaia di pezzi di vecchie bambole di porcellana e non solo, gingilli, frammenti e scampoli di balocchi; oggetti che in certi casi ricordano scene di film di paura. Questo minuscolo laboratorio di restauro da sempre gestito dalla famiglia Squatriti, è un rispettabile luogo dove i giocattoli antichi vengono trattati con amore e delicatezza. In questo luogo perso nel tempo, Federico Squatriti e sua mamma Gelsomina, rimettono in sesto bambole di ogni epoca. Dalle più antiche, a quelle di legno o di carta pesta, di pannolenci o di porcellana, soldatini di piombo e marionette.

I clienti sono collezionisti provenienti da tutte le parti del mondo per aggiustare e riportare a nuova vita questi fascinosi oggetti e, come ogni paziente di un vero ospedale, ogni bambola viene dimessa con un referto diagnostico che indica nel dettaglio tutte le riparazioni subite e i consigli su come prendersene cura per conservarla nel tempo.

Sulle vetrine di questa bottega vengono esposte le teste e i pezzi delle bambole che non si possono più riparare, ma che i proprietari non vogliono buttare. Gli artigiani scelgono quindi di lasciarli esposti, così i loro proprietari quando passano per la via possono ancora guardarli e viaggiare con i ricordi. Questo magico luogo è quindi come un museo che racchiude storie e ricordi dai quali la gente non si vuole separare, una fiera permanente dove si affastellano teste, occhi, braccia e gambe considerate preziose come se fossero di veri e propri esseri umani, testimonianze di un doloroso passare del tempo, attraverso la polvere che si stratifica sulla superficie delle poupées, negli angoli della bottega. Un territorio che emana un ché di magico e sinistro allo stesso tempo e di cui non si può che subirne il fascino. Per chi lo desidera, si può assistere, su appuntamento, a sedute di lavoro dimostrative.

Ai tempi degli antichi romani le bambine avevano le loro bambole, che spesso raffiguravano le dee, come Venere e Proserpina. Erano dei giocattoli ben fatti, che si realizzavano con il legno, con la cera e che venivano decorate con le perle e con l’oro. Chiaramente più era nobile una bimba romana, più era ricca la sua bambola. Le bambine romane portavano sempre con loro queste bambole e potevano separarsi da loro solamente il giorno prima del matrimonio, lasciando il proprio giocattolo nel tempietto dei Lari. Con questo rito si trasformavano così in donne. Nella Roma Imperiale la bambola, detta "pupa" o nella sua versione diminutiva "pupilla" (bambolina) era un oggetto molto diffuso anche tra la plebe, per cui in tutto il mondo romano e nel resto del suo impero si rinvennero bambole nelle sepolture delle adulte. Non erano evidentemente state portate al tempio, o erano altre bambole oltre a quella votata, oppure veniva alla morte della romana ritirata dal tempio per accompagnare la defunta nel mondo dell'aldilà.

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