LE FORNACI DI VALLE DELL'INFERNO

LE FORNACI DI VALLE DELL'INFERNO di Sandro Bardaro

Cosa rimane delle diciotto fornaci che costellavano la valle tra le pendici del Vaticano e il Monte Ciocci? Un'alta ciminiera in mattoni rossi e qualche muro diroccato. Giace nascosta in una piccola area recintata lungo via Baldo degli Ubaldi, vicino a Via Aurelia. Anticamente nella zona si estraeva l'argilla che poi veniva trattata e cotta nelle fornaci ivi edificate, che sfornarono milioni di mattoni necessari per costruire gli edifici di Roma (in minima parte quella antica i cui laterizi provenivano dalle fabbriche  nella Tuscia, a Nord di Roma i cui materiali venivano caricati su enormi zatteroni che discendevano il fiume). Da secoli questo luogo viene chiamato la Valle dell'Inferno.

Si attribuisce questo nome allo sbuffare continuo delle numerose ciminiere  delle fornaci che sprigionavano un fumo acre ed intenso oltre ad illuminare la notte con i bagliori dei fuochi. Ma molto più probabilmente questa nomea nascerà nel 1527, anno del Sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi che in questo luogo dettero battaglia alle truppe pontificie che furono sterminate. Ma comunque è innegabile che quest nome è appropriato anche per descrivere le condizioni di vita degli operai che vi prestavano servizio, specialmente nell'ultimo dopoguerra. Erano i "Fornaciari" che abitavano le piccole  case e baracche di legno, ammassate l'una sull'altra, lungo le pendici delle colline. Insomma una sorta di "favela romana" molto ben descritta nel film Brutti, Sporchi e Cattivi con Nino Manfredi che fu girato proprio sul posto, in mezzo alle baracche, ai tuguri e alle strade sterrate, polverose nelle giornate di sole e in acquitrini fangosi in quelle piovose. Queste condizioni precarie non impedirono comunque alla comunità dei Fornaciari di crescere notevolmente. Da poche centinaia di anime dei primi anni del '900 fino a ben 2000 abitanti negli anni '60. E pensare che fino a qualche decennio fà Vicolo dei Fornaciari che partiva da via Baldo degli Ubaldi si perdeva nella campagna dopo aver superato la baraccopoli...Infine, proprio negli anni '60 l'ultimo forno venne spento ma nonostante tutto la comunità operaia continuò a vivere nella estrema precarietà dei tuguri fino agli anni '70.

Ed intanto Valle Aurelia cresceva spasmodicamente tutto intorno con una espansione edilizia così importante da dare vita ad uno dei quartieri più popolosi di Roma. In memoria del passato c'è ancora una ciminiera scampata al crollo, che mi dicono essere stata restaurata recentemente dopo anni di oblio quando se ne stava nascosta coperta da rovi e macerie, in un pezzo di terreno incolto e isolato dove si "leggevano" ancora i resti di alcune abitazioni precarie dell'epoca. Le ciminiere Veschi e la Pomilio, sono state recuperate e restaurate.

LA FORNACE VESCHI RAPPRESENTA OGGI UNA MEMORIA STORICA DI ROMA

È rimasta attiva fino agli anni '60 del Novecento, poi è caduta in stato d'abbandono fino al recente restauro all’interno del progetto di recupero urbano che ha visto sorgere un grande centro commerciale.

Considerata oggi un monumento gioiello dell'architettura commemorativa, quest'antica fornace fu uno di quei luoghi dove molte persone di religione ebraica furono tenute nascoste per essere salvate dalla deportazione nei campi di concentramento in Germania quando Roma fu occupata dai nazisti per nove mesi a partire dal 10 settembre 1943.

Restaurata nel 2018 oggi rappresenta un simbolo della memoria della Roma che resistette all'inaudita violenza dei nazisti. Una sorta di “civico giusto”, un'altra faccia della medaglia delle pietre di inciampo oggi visibili nel Ghetto. Uno dei nobili  luoghi dove non pochi esseri umani vennero salvati da un destino crudele. 

In sostanza: un patrimonio artistico nel cuore di un mall all’americana, certamente un contrasto assai discutibile. I residenti del quartiere sognavano di farne uno spazio culturale polifunzionale a servizi dei cittadini.


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