IL RACCONTO DELL' OROLOGERIA DEL RIONE COLONNA di Claudio Di Giampasquale
La leggenda narra che «a Roma esiste un campanile per ogni giorno dell’anno». Verso la fine del diciottesimo secolo, lo sviluppo generale progressivo fece sì che i rintocchi delle campane non fossero più sufficienti alle accresciute esigenze. Pur essendo lontani a voler conoscere l’ora al secondo come la vita odierna impone, i cittadini della Roma papale come andava avvenendo per tutti i loro contemporanei degli altri Paesi, cominciarono a sentire il bisogno di una maggiore esattezza; e a mano a mano che le abitudini cambiavano divenne necessario e importante che ognuno possedesse un proprio orologio.

Queste favorevoli circostanze spinsero un certo Giovanni Romano Ricci sapiente artigiano orologiaio di Campo Marzio (influenzato professionalmente dalle ingegnose innovazioni del maestro svizzero Abraham-Louis Bregue) ad aprire una bottega di orologeria su strada a palazzo Giustini Spada allora noto come “Palazzo Piombino” sul lato orientale di piazza Colonna, proprio nel cuore della città (questo nobile edificio fu demolito all’inizio del novecento per far posto alla "Galleria Colonna" oggi intitolata ad Alberto Sordi). Giovanni Romano era un raffinatissimo esperto nella fabbricazione di orologi da taschino d'altissimo livello in termini di precisione e di meccanicità.
Il successo fu immediato, poiché l’abitudine di portare con sè l’orologio andava sempre più diffondendosi, mentre in tutta Europa il commercio prendeva un nuovo sviluppo, favorendo lo stabilirsi di contatti con i più prestigiosi orologiai e in particolar modo con quelli di Ginevra di cui la bottega romana del maestro Ricci divenne uno dei più fedeli corrispondenti.
L’orologeria non era ancora un’industria ma un artigianato in tutta l’accezione del termine, un artigianato che all’epoca della bottega aperta nei pressi della Colonna Antonina, era arrivato al suo apogeo. Dalle montagne della Svizzera passando per la Francia, la Germania e in molte altre città d’Europa fino ad arrivare al laboratorio Ricci di fronte alla Colonna, si creavano capolavori costruiti a mano pezzo per pezzo da sapienti artisti che avevano raggiunto nell'arco di qualche generazione di pazienti ricerche la massima perfezione.
Costruivano "macchine per sapere l’ora" perfette non solo meccanicamente, ma in molti casi a mo’ di vero gioiello: nello splendore del quadrante, nella ricchezza del coperchio a cui corrispondeva la bellezza dell’interno, nella raffinatezza del cesello per il quale si operavano prodigi. Il movimento nel suo insieme rappresentava una pura meraviglia in cui l'estetica eguagliava in termini di perfezione il genio meccanico. Vere e proprie opere d’arte.
Giovanni Romano Ricci aveva un figlio che, sin da bambino, respirando le atmosfere di bottega, s’appassionò al mestiere. Come una spugna assorbì tutti gli insegnamenti del papà e metabolizzò ogni segreto. Si chiamava Innocenzo.
Alla metà del secolo, Innocenzo Ricci, divenuto anch’egli sapientissimo artigiano-orologiaio, assunse le redini della prestigiosa attività di famiglia divenendo presto un uomo agiato e di successo. Ma senza eredi.
Per cui intorno al 1870, prese la decisione di associarsi ad un esperto orologiaio di origini tedesche, attirato in Italia, come tanti del suo paese, dal fascino di Roma. Ignazio inizialmente invitò l'amico a collaborare nella sua bottega, scambiando con lui conoscenze, tecniche ed esperienza. Sempre con grande stima e questo valore, fu un sentimento reciproco alla pari.

L'orologiao tedesco si chiamava Ernst Hausmann, uomo provvisto di un preziosissimo complesso di cognizioni anche nel campo dell’oreficeria. Undici anni dopo Ernst decise di rilevare la società permettendo a Ignazio di tirare i remi in barca e godersi la vita.
Come fece con lui anni prima Ricci, Hausmann aprì l'azienda alla collaborazione tecnica del connazionale Hermann Frielingsdorf specializzato nella fabbricazione di orologi da torre nonché quelli da tasca. Quel periodo Hausmann era preoccupatissimo a causa delle intenzioni del Governo Regio di demolire il palazzo dove c'era la sede dell'attività.
Così dopo un confronto coi collaboraori anticipò gli eventi, decidendo provvisoriamente di trasferire «baracca e burattini» nella vicina via Bocca di Leone. L'azienda si spostò poi sempre sul Corso di fronte allo sbocco di via della Vite.
Hermann Frielingsdorf nel 1895 divenne socio di Ernst e così nacque la Hausmann & Co. I due maestri orologiai (coadiuvati dai loro dipendenti) in comune avevano oltre alle conoscenze professionali anche l’origine teutonica. Condivisero negli anni a venire passione ed entusiasmo, motivando e formando ogni giorno sempre più un formidabile team di lavoro. Non solo attraverso l'esempio, ma anche testimoniando l'indissolubile connubio d'amicizia.

Foto di fine ottocento, la formazione di artigiani orologiai della Hausmann & Co. Seduti a sinistra Hermann Frielingsdorf a destra Ernst Hausmann.
Gli anni della Prima Guerra Mondiale furono difficili per il negozio nel rione Colonna. Il commercio era al collasso e l’insegna con il nome tedesco non rappresentò un aiuto. Ma la presenza dei primogeniti dei nove figli di Ernst Hausmann: Joseph e Maximilian, impegnati in prima linea sul versante austriaco con indosso le familiari uniformi dei Granatieri di Sardegna (essendo loro di nazionalità italiana) convinse i romani a tollerare e a considerare ormai «loro» quelle insegne tedesche sulla bottega di orologeria Hausmann & Co. all’epoca alquanto scomode. Ma il destino di Joe e Max Hausmann non contemplò il loro rientro a Roma, ed entrambi trovarono la morte sul Monte Grappa sotto le granate austriache. Oggi riposano con la Medaglia d’Argento al Valor Militare nel Cimitero Monumentale di Redipuglia.

Per i genitori dei ragazzi quella perdita fu un grande dolore che si unì al peso di una difficile successione nell'azienda di famiglia, normalmente a quei tempi destinata ai figli maschi. Aloys, il terzo erede per età, se ne prese cura. Per lui fu un sollievo quando il più piccolo dei suoi fratelli, Francesco, detto Franz, raggiunse l’età per assumere la propria responsabilità.
Delle quattro femmine, Eleonora, Ernesta, Maria e Maria Pia, la terzogenita Maria si innamorò di Maurizio Frielingsdorf figlio di Hermann, il socio di Ernst Hausmann. I due ragazzi misero su famiglia ed ebbero dei figli.
Nel terzo millennio in cui la Hausmann & Co. è divenuta a tutti gli effetti una moderna azienda, le famiglie che si occupano della gestione discendono da questi due rami dello stesso albero genealogico.
Oggi il marchio Hausmann & Co è presente a Roma con più negozi in via dei Condotti, in via di San Giacomo e in via del Babuino. Ha sedi a Napoli, Genova e a New York, condotta magistralmente dalla quinta generazione nel pieno rispetto e nel solco dell'antica tradizione familiare e della storia aziendale.
