ALCIDE E DEJANIRA

ALCIDE E DEJANIRA di Ludovica Mayer


Questo straordinario gruppo scultoreo custodito nell'Accademia di San Luca (situata nell'omonima piazzetta che si spalanca percorrendo via della Stamperia, a due pasi dalla Fontana di Trevi) è opera di Pietro Finelli. Realizzato in ceramica ed alto circa ottanta centimetri, venne presentato dallo scultore carrarese in occasione del «Concorso Balestra» organizzato proprio dall'accademia nella quale oggi è custodito, che a quel tempo aveva sede presso la Chiesa dei Santi Luca e Martina al Foro Romano. Un aspetto rilevante delle attività dell'antica Accademia di San Luca a vantaggio delle arti furono i concorsi. Venivano banditi periodicamente utilizzando fondazioni e lasciti di accademici. Quell'anno il «Balestra » curato da Vincenzo Pacetti, vedeva come tema il mito di Ercole. Il Finelli con la sua opera ne risultò vincitore. Il soggetto tratto dalle «Metamorfosi» di Ovidio presenta tre protagonisti: Ercole, Dejanira e il Centauro Nesso.


Narra la leggenda che: «Nesso viveva sulle rive del fiume Eveno e usava traghettare i viaggiatori sull'altra sponda. Un giorno Ercole si trovò a passare il fiume assieme alla sua seconda moglie Dejanira, principessa di Calidóne. Il centauro si rifiutò di traghettare i due nello stesso momento, cosicché Ercole guadò il fiume da solo. Quando Nesso si trovò ad avere in groppa solo la bella Dejanira tentò di rapirla dandosi alla fuga, ma fu ucciso da una freccia scagliata da Ercole. Nell'agonia, la creatura metà uomo e metà cavallo rivelò alla principessa che se ella avesse raccolto il suo sangue e ne avesse intriso una veste avrebbe potuto contare sull'amore eterno di Ercole: infatti ogni volta che lo stesso avesse mostrato interesse verso un'altra donna sarebbe bastato che l'uomo indossasse quella veste per ritornale devoto. L'imprudente donna seguì il consiglio. A distanza di anni, Ercole dopo una vittoriosa spedizione contro la città di Ecalia, portò con sé la bella Iole, figlia del defunto re della sconfitta città della Tessaglia. Il mitologico eroe nella via del ritorno si fermò nei pressi di Trachis sulla foce del fiume Spercheo e inviò un suo compagno, Lica, alla moglie Dejanira per prendere una veste bianca. Lica raccontò tutto alla moglie di Ercole, e questa, temendo la bellezza di Iole, consegnò a Lica la tunica del Centauro Nesso. Appena Ercole la indossò fu colto da terribili dolori, in quanto il sangue del centauro era contaminato dal veleno della freccia che lo aveva ucciso che era stata intinta anni prima nel sangue dell'Idra di Lerna. Ercole impazzito dal dolore uccise Lica e Dejanira, lacerata dal rimorso, si suicidò».


Ma torniamo al gruppo scultoreo di Pietro Finelli. La figura possente di Ercole appare fusa a quella di Dejanira coperta da una leggerissima veste, ai loro piedi vi è il centauro abbattuto che la coppia scavalca noncurante e innamorata nella stretta di un  tenero abbraccio. Il soggetto presenta Ercole nella scena in cui riprende possesso della sua sposa rapita.

Alcide, fu l’appellativo con il quale il Finelli volle nominare in quest'opera l'eroe mitologico. Narra la leggenda, infatti, che Ercole (nome romano del mito che dai greci era nominato Eracle) da giovane, crebbe col nome di Alcide, patronimico ricavato da Alceo, che era suo nonno paterno. 

In questa opera lo scultore toscano ci mostra un Ercole massiccio oltremodo, degno rappresentante del mito che lo accompagna. Dai polpacci grossi fino alle caviglie, le cosce possenti come del resto le spalle e il petto, barbuto, dal naso forte, vagamente aquilino rivela fattezze manieriste riprese dall’Arte classica greca.

Pietro Finelli fu uno dei primi insegnanti di scultura all’Accademia di Carrara inaugurata nel 1770 e allievo di Charles Antoine Bridan all’Académie Royale di Parigi.

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