OMNIBUS A ROMA

Le vetture omnibus nella città di Roma di Claudio Di Giampasquale

Il servizi di «trasporto collettivo» nella Roma papalina, dalla metà del diciannovesimo secolo si svolgeva per iniziativa privata con gli omnibus, carrozze simili alle diligenze postali, trainate da uno o due cavalli. Li chiamavano omnibus perché erano «per tutti» e «alla portata economica di tutti»: fino al loro utilizzo comune, chi non possedeva carrozza e cavalli, ossia la stragrande maggioranza dei romani, si doveva spostare a piedi.
La prima linea di omnibus fu attivata nel giugno 1845 su un percorso extraurbano che partiva dalla piazza Venezia nel cuore dell’antico rione Insula dell’Ara Coeli, una piazza Venezia sparita che prima della costruzione del Vittoriano era assai diversa da quella attuale. Ogni mezzo trasportava non più di una dozzina di passeggeri contemporaneamente ed arrivava fino alla basilica di San Paolo fuori le mura.

Trascorsero due decenni prima che anche il centro della città cominciasse ad essere coperto dal «servizio regolamentato con partenze continuative ad orario prestabilito».

Fu inaugurato martedì 20 febbraio 1866, su un tragitto che partiva da piazza del Popolo ed arrivava alla basilica di San Pietro e viceversa.

Le carrozze erano dipinte di giallo e nero con accesso posteriore attraverso una porta munita di scaletta con due sedili affrontati, disposti longitudinalmente per tutta la cabina. Recavano un cartello con l’indicazione del luogo di destinazione della corsa, del prezzo del biglietto e del numero dei posti disponibili.

Successivamente all’annessione di Roma al Regno d'Italia, in concomitanza della sua proclamazione a capitale, le prime norme organiche in tema di «trasporto pubblico» nella città, a quei tempi in via di rapido sviluppo urbanistico, furono emanate dall’amministrazione municipale e pubblicate dalla giunta presieduta dal sindaco Luigi Pianciani il 5 febbraio 1874 mediante il primo «Regolamento per i mezzi pubblici e per le vetture omnibus nella città di Roma» deliberato dal Consiglio Comunale, approvato dalla Deputazione Provinciale e dal Ministero dell’Interno.

In esso si stabilirono le prime regole per la concessione delle licenze tanto alle «vetture di piazza» (le botticelle, equivalenti ai moderni taxi) quanto degli omnibus; nonché caratteristiche standard delle vetture; requisiti; codice di comportamento dei conduttori.

Nel primo Regolamento si definirono inoltre le competenze del nuovo ordinamento di polizia municipale, il corpo oggi chiamato «Polizia locale di Roma Capitale» o più semplicemente dai cittadini «vigili urbani», allora vennero invece definiti «Guardie di città, in ordine alle contravvenzioni». Ogni vettura era ammessa al servizio dopo un severo collaudo, la capacità massima di ciascuna era di dodici persone, disposte a sei per ambo i lati, in posti distinti fra loro con un numero d’ordine assolutamente visibile, che non poteva essere cancellato, nascosto o variato arbitrariamente. I veicoli inoltre dovevano essere forniti di due grandi fanali, uno dei quali collocato nella parte anteriore.

Del personale vettura, oltre il conducente, faceva parte anche un inserviente addetto alla biglietteria, che secondo il regolamento doveva sedere posteriormente al posto prestabilito dalla normativa all’infuori della carrozza e munito di un fischietto o di un corno necessario a dare il segnale di avviso d'arrivo ai passeggeri a bordo o di partenza dalla stazione-vetture e da ciascuna fermata prevista.

Nei controlli delle guardie di città e degli agenti in borghese della "protezione animali", nel caso si applicavano severe sanzioni al conducente dell’omnibus ed ai passeggeri risultanti saliti in soprannumero, in modo da non sovraccaricare i cavalli che dovevano essere ben curati, con turni di lavoro non eccessivi e con l’applicazione di coperture impermeabili nei giorni di pioggia e di tele bianche d’estate per proteggerli dalla canicola.

I primi servizi pubblici garantirono ai romani 7 linee omnibus con orari compresi fra le 7 di mattina e le 8 di sera, secondo tragitti che coprivano praticamente l’intera estensione dell’abitato fra il Vaticano, piazza del Popolo, Santa Maria Maggiore, San Giovanni e Trastevere. La tariffa delle corse fu fissata a 10 centesimi.

L’amministrazione comunale stabiliva per gli omnibus anche i percorsi che dovevano seguire e le tariffe passeggeri. Il regolamento fissava il numero massimo di vetture adibite su ciascuna linea di servizio interno: sei per la linea del Corso. Nove per la linea del Governo Vecchio. Cinque per la linea di San. Giovanni. Sei per la linea di Ponte Sisto. Sei per la linea di Santa Maria Maggiore. Sei per la linea di Ripetta. Quattro per la linea di Tordinona. Nove per la linea della ferrovia e Macao. Quattro per la linea del Babuino. Quattro per la linea della Lungara. In tutto dunque nel 1874 erano ufficialmente localizzati 20 capolinea di omnibus e le vetture in circolazione potevano essere al massimo 59. 

Il servizio “continuato” per la piazza Termini, seguiva il più ampio percorso con partenza da piazza Sant’Ignazio un’ora prima della partenza del treno (dalla vecchia stazione) attraverso via del Corso, piazza di Spagna, via Due Macelli, via del Tritone, piazza Barberini, via S. Nicolò da Tolentino, via Santa Susanna (ancor prima della costruzione di piazza dell’Esedra e via Nazionale) con arrivo a piazza Termini e al Macao nel vecchio Rione Castro Pretorio.

Ogni omnibus era normalmente trainato da due o in alcuni casi da quattro cavalli, ma nei tratti a forte pendenza, come da piazza Venezia a largo Magnanapoli o in via del Tritone verso piazza Barberini, veniva aggiunto un altro cavallo o più spesso un mulo detti «di bilancino».

Circa quindici anni dopo l’uscita del primo Regolamento, Roma raggiunse il periodo del massimo sviluppo degli omnibus e la rete raggiunse praticamente ogni punto della città, con un’estensione di sessantatre chilometri, trecento veicoli in circolazione con circa settecento fra cavalli e muli, ed oltre mille guardie di città

Dagli omnibus ai tram a cavalli il passo fu breve in parallelo con lo sviluppo delle ferrovie, perché lo sforzo per trainare un veicolo con ruote d’acciaio su rotaie d’acciaio si riduceva a circa un decimo di quello necessario su strada a parità di peso. In effetti a Roma la difficile orografia con strade strette e tortuose, le frequenti salite e discese, a cui andava aggiunta la scarsità di ponti sul Tevere, ritardarono la nascita delle tranvie urbane trainate ad energia elettrica. Nonostante ciò non tardò negli anni a venire lo sviluppo della tramvia capitolina e tutte le linee vennero elettrificate. Così nel 1920 gli omnibus furono soppressi definitivamente.

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