MEO PATACCA

MEO PATACCA «ovvero Roma in feste ne i Trionfi di Vienna»

Opera in versi di Giuseppe Berneri poeta e commediografo romano, cortigiano di casa Rospigliosi. Si tratta di un fedele spaccato della vita quotidiana della città alla fine del XVII secolo, eppure, mentre il protagonista, dal quale l'opera trae il titolo, è un personaggio ancora vivo tra le tradizioni locali, alla gran parte dei romani il nome del suo autore rimane pressoché sconosciuto. Berneri fu membro di diverse accademie letterarie del suo tempo, di cui si ricorda soprattutto l'Accademia degli Infecondi. Tra i suoi lavori figurano poemi, rappresentazioni teatrali allegoriche e religiose, ma fra i suoi titoli viene ricordato solo il Meo Patacca.
Dell'autore non è rimasto neppure un ritratto.

Ma il grande apprezzamento per l'eroe popolare, il rugantino Meo (cioè Bartolomeo), che è un popolano a sua volta, pur rappresentando un virtuoso esempio di coraggio e moralità, dà ragione di una così duratura fama. Ciononostante, negli ultimi decenni sono state date alle stampe pochissime edizioni del poema. Al giorno d'oggi il capolavoro di Berneri è relegato tra i titoli semisconosciuti della letteratura minore.

Prendendo a pretesto un fatto storico, Meo Patacca narra le vicende di un giovane sgherro, cioè un popolano abile nel maneggiare le armi, con un alto senso dell'onore, che offriva i suoi servigi alla propria comunità compiendo delle buone azioni e combattendo i soprusi. Il carattere delle situazioni che via via si dipanano è spesso comico.

Nell'apprendere la notizia che Vienna è stata assediata, Meo raduna i migliori sgherri di Roma e forma una piccola armata per dare aiuto alla città cristiana. Ma poco prima di mettersi in marcia, giunge a Roma la notizia che le stesse truppe di Vienna sono riuscite a liberare la città dai Turchi, e così il denaro raccolto per la spedizione viene impiegato per organizzare una grande festa cittadina, che dura diversi giorni. Sullo sfondo, la storia d'amore di Meo con la sua spasimante Nuccia fa da contrappunto ai principali eventi della trama.

Tutti i personaggi sono modellati sui tipici popolani romani; alcune delle situazioni sono davvero divertenti, e disseminate da pungenti osservazioni dello stesso Berneri, che si riserva la parte del narratore, spesso aggiungendo i propri pensieri, e di tanto in tanto indugiando nella descrizione dei luoghi famosi di Roma che costituiscono l'affascinante ambientazione della storia. Inoltre, il poema è una vera miniera di informazioni sulla vita di tutti i giorni nella Roma del tardo XVII secolo: come vestiva la gente del popolo, come era ammobiliata una casa comune, quali erano le formule di saluto, ed altre ancora.

Ma L'opera testimonia anche l'atmosfera di fanatismo della Roma sotto il secolare dominio dei papi: la missione dell'eroe può essere letta come una mini-crociata, basata sulla prospettiva religiosa di un esercito di infedeli all'attacco di una città cristiana.

Nell'ultimo Canto questo sentimento sfocia in autentica intolleranza, scatenata da un futile pretesto, la marmaglia assedia il ghetto della comunità ebraica, accusata di aver simpatizzato per i Turchi. Questo, come pure altri eccessi, vengono stigmatizzati dallo stesso Berneri. Al contempo, il Meo Patacca si rivela una fonte insostituibile di documentazione storica su come si svolgevano le feste pubbliche a Roma: quasi l'intera seconda metà dell'opera descrive minuziosamente come si organizzavano i festeggiamenti, com'erano costruiti i diversi tipi di fuochi d'artificio, come venivano sparati e qual era il loro risultato, ed anche in che misura il popolino creasse tumulto nel prendere parte alle feste (un'occasione per i ceti più bassi di sfogarsi della propria miserabile condizione). Durante queste celebrazioni non era raro che qualche passante rimanesse ferito, o persino ucciso.
L'assedio di Vienna che ispirò il poema è un fatto realmente accaduto. Il 14 luglio 1683, il visir ottomano Kara Mustafa Pasha (il cui nome si ritrova nel testo come Bassà, corrotto secondo il dialetto) mise Vienna sotto assedio, per 60 giorni. La città sarebbe caduta nelle mani dei Turchi, se papa Innocenzo XI non avesse invocato l'aiuto del re di Polonia Giovanni III Sobieski, il cui intervento si rivelò decisivo. Mentre gli Ottomani si ritiravano, l'armata austriaca entrò in Ungheria e prese Buda.

L'opera di Berneri venne pubblicata la prima volta dodici anni dopo, nel 1695. Per una seconda edizione si dovettero attendere circa 100 anni, ma questa era decorata con 52 tavole disegnate dal famoso incisore romano Bartolomeo Pinelli (quelle mostrate in questa pagina fanno parte della suddetta serie). La lingua è un altro aspetto interessante del Meo Patacca. Berneri fuse l'arcaico italiano parlato nel Seicento col dialetto di Roma, che a quei tempi aveva già sviluppato un proprio carattere; il risultato è forse un linguaggio più diluito di quello parlato nelle strade, ma ciò è comprensibile se consideriamo che Meo Patacca è una delle prime opere interamente scritte in una lingua non ufficiale, o non letteraria, non perché l'autore non avesse padronanza dell'italiano, ma piuttosto come coraggioso tentativo di abbassare il livello del linguaggio, affinché anche la gente comune potesse comprenderla. Si trovano anche alcuni vocaboli tipici del giudaico-romanesco, soprattutto nell'ultimo Canto, la cui prima metà è ambientata nel ghetto ebraico 

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