LE OMBRE DIETRO LA TRAGICA FINE DI RINO di Claudio Di Giampasquale

Rino Gaetano era un acuto sognatore, tuttavia pragmatico e realista, un musicante capace di cantare e raccontare allegramente la disillusione, di colorare la tristezza, di nascondere il senso dei suoi pezzi tra le parole. Negli anni di piombo emerse nel firmamento canoro italiano facendo affiorare in superficie un umorismo paradossale ma profondo come un iceberg, smascherando e sbeffeggiando una certa ipocrisia e una certa falsità che allora aleggiava in certi ambienti. Forse alla sua epoca non tutta l'opinione pubblica era pronta a capirne l'immensità artistica. Chissà dove sarebbe arrivato Rino Gaetano se il destino gli avesse donato altri quarant'anni. Quando salì alla ribalta, certi benpensanti lo considerarono una sorta di clown, certi ipocriti un buffone. Lui si definiva un menestrello. Probabilmente non lo comprendevano o forse lo capivano troppo. Rino era scomodo e non pochi ne temevano la crescente popolarità. A distanza di tanti anni dalla sua morte il suo mito è sempre più accresciuto, le sue canzoni sono amate anche dai giovani di oggi. Se n'è andò di botto, prima dell'alba di una mattina di giugno, senza volerlo all'apice della sua gioventù e della sua creatività. Ma non all'apice della sua carriera, perchè Rino Gaetano benchè fosse in ascesa aveva ancora molto da salire. Il destino lo ha spazzato via senza dargli più la possibilità di raccontare, scrivere e cantare tutto quello che aveva dentro e ci ha negato di continuare ad apprezzare la sua arte e genialità. Ma il responsabile fu solo il destino?
IL MISTERO DELL'INCIDENTE DI VIA NOMENTANA

La mattina presto di martedi 2 giugno 1981, il giovane Salvatore Antonio Gaetano da tutti detto Rino, cantautore popolare molto amato dai giovani, alla guida di una Volvo 343 grigio metallizzato stava percorrendo la corsia centrale di via Nomentana, da Porta Pia in direzione piazza Sempione. Rincasava dopo una serata in allegria trascorsa con alcuni amici in giro per locali, abituato alle ore piccole, le faceva quasi ogni notte. Erano da poco passate le quattro del mattino, quando superata Villa Torlonia, all'altezza di via Carlo Fea, improvvisamente, senza nessun motivo apparente, la sua auto virò di colpo traiettoria verso sinistra invadendo la corsia opposta proprio mentre dall'altra parte sopraggiungeva un mezzo pesante, il terribile urto fu inevitabile. Colpo di sonno? Un malore improvviso? O ci fu qualcos'altro? Prepariamoci a conoscere una storia che ha molti punti inquietanti.
Una strana coincidenza
All'arrivo dei mezzi di soccorso le condizioni di vita di Rino risultarono disperate, venne immediatamente trasportato al Policlinico Umberto I, lì però per operarlo era necessario un reparto di traumatologia cranica all'epoca assente, furono quindi allertati altri ospedali. Alle sei di mattina, dopo due ore dal terrificante incidente, l'ospedale Gemelli accolse Salvatore Antonio, ma fu troppo tardi perchè appena entrato il suo cuore smise di battere.
Morì così il cantautore Rino Gaetano, poco più che trentenne, uno degli artisti più interessanti della scena autoriale italiana. Una tragedia che colpì profondamente tutti, giovani e meno giovani, la sua partecipazione a Sanremo, le sue canzoni, i suoi testi, la sua critica, furono elementi che facevano molto riflettere all'epoca: il suo «nonsense» era tagliente. L'opinione pubblica italiana venne sconvolta dall'improvvisa perdita di quel giovane autore. Sono proprio i suoi testi che avrebbero potuto e potrebbero riaprire degli inquietanti scenari riguardo la sua fine. Per ciò per poter analizzare e capire, facciamo un passo indietro di dieci anni, quando a soli ventun'anni Rino compose una canzone intitolata «La ballata di Renzo» un pezzo che in modo incredibilmente profetico, nel 1971 raccontò di una morte identica a quella che il giovane vivrà nell'estate del 1981. «La ballata di Renzo» è la storia di un ragazzo che muore a causa di un incidente stradale e di tre ospedali che lo rifiutano e non ci sarà niente da fare per quel ragazzo. Senz'altro una coincidenza. Una canzone scritta dieci anni prima, forse una premonizione che aprì degli scenari comunque inquietanti, perchè le canzonette di Rino Gaetano non erano soltanto delle semplici e banali canzoni di critica c'era molto di più. C'è qualcuno che ipotizza che la sua morte non sia stato un semplice incidente stradale, che dietro ci furono addirittura i "servizi segreti deviati". Ma perchè la misteriosa branca di "intelligence service" voleva la morte di Rino Gaetano?
LA SUA VITA E LA CARRIERA

Salvatore Antonio Gaetano nacque il 29 ottobre del 1950 a Crotone, prima che nascesse la sua famiglia si trasferì in veneto ma poi decise di ritornare in Calabria. Nacque negli anni della ricostruzione, "Salvatorino" lo chiamavano in famiglia, soprattutto sua sorella Anna, quando compì undici anni, in pieno boom economico, suo papà Domenico e sua mamma Mariarosa decisero di trasferirsi a Roma nel quartiere Montesacro. Iscrissero Rino in un seminario a Narni credendo che la carriera ecclesiastica fosse una soluzione e un'opportunità per il futuro del loro figlio. Lì il ragazzo comiciò a sviluppare delle non comuni doti di scrittura, imparò a leggere e scrivere musica, a recitare. Nel 1965 compose il suo primo poemetto: «E L'uomo volò». Due anni dopo decise di tornare a Roma nella casa dei suoi a via Cimone.
Assieme a un gruppo di amici, per divertirsi, creò il quartetto dei "Krounks", un gruppo musicale che eseguiva soprattutto cover, lui suonava il basso. Ma Rino si sentiva un solista, voleva esibire i suoi componimenti, le sue idee innovative. Era uno straordinatio creativo, evidentemente portato a comporre: canzoni, versi e musiche. Il mondo dello spettacolo era il suo sogno. Iniziò a frequentare il «Folkstudio» a Trastevere dove cominciò a sperimentare il suo particolare modo di fare spettacolo, a metà tra la canzone e il cabaret, attraverso un genere tutto suo con pezzi e brani che lui stesso scriveva e che lo rendevano sempre più originale. Lavori che facevano riflettere molto. Fu a quei tempi, proprio lì nel famoso e prolifico locale trasteverino ai piedi del Gianicolo che conobbe e frequentò diversi artisti, più o meno coetanei, ragazzi bravissimi alcuni eccezionali del calibro di Antonello Venditti e Francesco De Gregori. A vent'anni Rino andò a vivere da solo in via Nomentana Nuova 53 (dove visse fino al giorno della sua morte, nel 2011 è stata apposta lì una targa in ricordo dei 30 anni dalla sua scomparsa). Suo padre sognava per lui un'altra strada, gli trovò un posto di lavoro in una banca, ma lui a un certo punto andò via e decise di portare avanti il suo sogno di fare il cantante, anzi l'autore perchè non ha mai ritenuto di essere un vero e proprio cantante anzi pensava di essere stonato. Era un paroliere e così iniziò a collaborare con la casa discografica «It» fondata da Vincenzo Micocci. Firmò il suo primo quarantacinque giri con un "nome da battaglia": «Kammamuri’s» (personaggio immaginario di Salgari) il titolo del pezzo fu «I love you Marianna» con un testo divertente, goliardico, multilingue, a tratti demenziale, qualcuno ipotizzò che fosse dedicato a sua nonna, qualcun'altro invece suppose che si riferisse alla mariuana, ma ascoltandola in effetti come in tutte le sue opere, non mancano diverse altre interpretazioni.




Ma torniamo all'evoluzione della carriera del cantautore. I suoi successivi lavori non ottennero molti risultati, nel 1974 uscì l'album «Ingresso libero» che conteneva nove brani, ma fu soltanto l'anno dopo con la canzone
«Ma il cielo è sempre più blu»
che diventò molto più conosciuto. Una canzone che parlava dell'Italia del tempo, con la sua leggerezza raccontava dei problemi di allora. Seguì un periodo assai prolifico per Rino, nel 1976 usci l'abum
«Mio fratello è figlio unico»
con otto canzoni. Nel 1977 venne rilasciato l'album
«Aida» con altri nove pezzi. I suoi componimenti diventavano sempre più criptici e taglienti verso la società e i potenti dell'epoca. Rino si stava creando e alimentava sempre più una specifica nicchia di pubblico attento, contribuendo allo sviluppo di un nuovo pensiero critico della musica allora cosiddetta "leggera". Erano gli anni dei "mostri sacri" della canzone italiana, britannica, americana e non solo.
Ma se quei pezzi di Rino Gaetano, allora molto particolari, inconsueti e anomali coagularono solo una limitata nicchia di intenditori, fu il ventottesimo festival di Sanremo a renderlo famoso ad un pubblico più vasto con il brano
«Gianna» prima canzone italiana a contenere esplicitamente la parola "sesso" (poche settimane prima dell'uscita dell'allora irriverente album
«Zerolandia»
nello stesso anno rilasciato da un nuovo cantautore della Montagnola che si esibiva sul palco mascherato alla Alice Cooper). Quando Rino salì sul prestigioso palco del teatro Ariston, era la sera di giovedi 26 gennaio 1978, in verità lui avrebbe voluto portare un'altra canzone, un pezzo più politicizzato e critico dal titolo «Nuntereggae più» componimento che era una forte critica alla società italiana di quegli anni, ma la casa discografica preferì impegnare l'artista al suo primo festival della canzone nazionale con un'altro brano, forse più semplice e orecchiabile.
«Gianna» ottenne un largo apprezzamento classificandosi al terzo posto. Tuttavia nelle interviste sia durante che dopo la competizione canora, Gaetano non si dimostrò molto contento, infatti più volte ripetè che secondo lui Sanremo non aveva alcun senso e senza entrare nello specifico, più di una volta affermò che la sua canzone non era quella che avebbe voluto cantare. Dimostrò alle masse sin da subito, un diverso livello di autocritica e di anticonformismo, con un'umiltà che tanto piacque ai giovani. Piacque meno ai soliti bacchettoni benpensanti che lo trovavano troppo bizzarro per i canoni di allora, gli stessi bigotti che pochi mesi dopo misero sotto la gogna quell'altro trasgressivo artista, romano, un certo Renato Zero che più di Rino li sconvolse e scandalizzò con i brani
«Il Triangolo», «Sbattiamoci», «Sesso o esse» in un meraviglioso e impudente album che conteneva anche il magnifico pezzo «La favola mia».
Renato e Rino da quel 1978 iniziarono a spopolare tra i ragazzi italiani d'allora, rappresentando insieme ad altri straordinari cantautori il mito del cambiamento, una nuova aria da respirare. Uscì durante quello stesso anno l'intero album di Rino Gaetano intitolato nello stesso modo del brano che gli vietarono di cantare sul palco dell'Ariston, un'opera che conteneva nove canzoni. L'esperienza di Sanremo lo lanciò nel firmamento della canzone italiana. Iniziò a collaborare con Mogol, affinò di più la sua capacità di critica. Nel 1979 passò alla RCA e incise l'album
«Resta vile maschio, dove vai?» che conteneva otto canzoni, vendette duecentomila copie.
Decise di andare in sudamerica per un lungo viaggio e qualche mese di intense esperienze e riflessioni artistiche.
Iniziarono gli anni Ottanta, Rino incise il suo ultimo disco
«E io ci sto» con otto tracce contenenti intense critiche verso una società sempre più complessa e prona a un non visibile potentato. Un'opera dove Rino mise dentro tutta la sua classe, attraverso una critica velata elegante, tagliente. Rivendicò molto quel disco perchè lo sentiva "personale". Siamo vicini ai suoi ultimi mesi di vita. Il successo era arrivato dirompente forse inaspettato e di conseguenza con difficoltà di gestione per un ragazzo genuino come lui. I suoi spettacoli tra cabaret e canzoni venivano curati nei minimi dettagli. Fino a quella tremenda notte dove l'impatto fu impossibile da evitare.

i soccorsi e la fine
Come detto, lo scontro fu tremendo, l'artista nell'impatto sfondò con la testa il parabrezza e sbattè violentemente lo sterno sul volante, l'autista del camion raccontò di aver visto Rino prima accasciarsi e poi invadere la corsia opposta al suo verso di marcia, lui non riuscì in nessun modo ad evitare lo scontro. L'autopsia stabilì un collasso causato dall'impatto. Al Policlinico Umberto I cercarono di fare il possibile per salvarlo, ma all'epoca non avevano gli strumenti per aiutare il ragazzo a restare in vita. Altri quattro ospedali, negarono il ricovero d'estrema urgenza. Finchè alle sei del mattino, fu accettato al Gemelli, purtroppo il cuore del povero Rino cessò di battere. L'intera nazione rimase scioccata nell'apprendere poche ore dopo la triste notizia.
Seguirono molte polemiche, per lungo tempo. Ci fu un'interrogazione parlamentare ma nulla emerse oltre le informazioni divulgate dai media in relazione a tutti i referti clinici e tecnici. Tutto venne archiviato come un fatale e disgraziato incidente. Ma dopo tanto tempo ancora oggi rimangono tanti dubbi e incertezze.
Scomode verità e significati occulti
C'è qualcosa che fa pensare che quella morte non fu soltanto un incidente. Da cosa nascono i sospetti? Certamente dai testi delle sue canzoni. Ma in che senso? Sicuramente dalla riprensione della società, dai geniali ed enigmatici accostamenti di fatti reali a profondi ma vaporosi concetti, che gli attenti intellettuali e le persone informate di allora senza dubbio coglievano. Parodie e caricature ancora interessanti se accostate alla realtà di oggi. Ma c'è qualcosa in più, da quei nomi che lui riferisce in esse e qualcuno critica, tra i vari ci sono quelli di alcuni politici e poi c'è qualcun'altro, un certo Cazzaniga un allora dirigente della Esso Petroli. Ma andiamo con ordine e capiremo, o forse no. Vincenzo Cazzaniga fu presidente dell'Unione Petrolifera Italiana, nel 1962 nominato Cavaliere del Lavoro dal presidente della Repubblica Antonio Segni. Ebbene, il dottor Cazzaniga ai tempi di Rino Gaetano era un alto funzionario di una multinazionale italiana (appunto la Esso Petroli, costola della Standard Oil Co. del New Jersey o meglio la Exxon Corporation). Ebbene, alle dieci di mattina di una domenica mattina, quella del 22 maggio 1977, Cazzaniga venne arrestato dai Carabinieri nella sua casa di via di Porta Latina e portato nel carcere di Regina Coeli per una serie di reati: il suo mandato di cattura indicava falsi in bilancio e appropriazioni indebite per svariati miliardi di lire. Secondo alcune fonti investigative, era un uomo della CIA protetto dalle logge massoniche e finanziatore della Democrazia Cristiana e delle "attivita anti comuniste", nomi che Rino fece nelle sue canzoni e che non mancò di sottolineare e di criticare.
E poi c'è una mansarda in via dei Condotti di cui parla in una canzone, chi conosce la storia di quegli anni sa che un certo Gelli raccontò agli inquirenti che lì in quella via del lusso nel centro di Roma che collega piazza di Spagna a via del Corso in un ampio locale sottotetto c'era una delle sedi di una potente organizzazione massonica segreta venuta poi alla luce col nome di «loggia P2» guidata appunto dal venerabile maestro Licio Gelli. Alla loggia erano iscritti piu di novecento personalità di spicco.
Ma cosa c'entra tutto questo con uno scrittore di canzonette? Si narra che Rino Gaetano fosse in possesso di informazioni riservatissime, che fosse molto amico di una persona legata ad alcuni ambienti particolari dei salotti bene di quegli anni e al potentato potitico, industriale e massonico. L'avvocato cassazionista Bruno Mautone sostiene in uno dei suoi libri che Gaetano fosse molto amico di Elisabetta figlia del professor Lionello Ponti medico personale di Licio Gelli, quest'informazione è suffragata dal fatto che durante un'apparizione del 1976 nel programma televisivo «Adesso musica» condotto da Nino Fuscagni e da Vanna Brosio, il cantautore entrò nello studio portando in braccio un cane, era Carolina un bellissimo esemplare femmina di cocker-spaniel pezzato bianco e nero, che apparteneva appunto alla sua carissima amica. Mautone narra inoltre che Elisabetta Ponti a quei tempi era molto legata a un giornalista di musica americano che in realtà era una spia della CIA che s'infiltrò nell’ambiente discografico italiano, di conseguenza anch'egli orbitante intorno alla vita di Rino.

C'era anche un'altro legame profondo, il suo miglior amico Enrico Carnevali, lavorva all'ambasciata USA in via Veneto, era figlio di un'importante uomo dei servizi segreti. Fatalità? Anche Enrico morì nel febbraio del 1986 in un incidente stradale a Roma.
Concludendo. Rino Gaetano fu fatto fuori perchè in possesso di informazioni che dovevano rimanere segretisssime e che attraverso la sua popolarità sempre più crescente, in qualche modo potevano trapelare? C'è da dire che alcune ricostruzioni relative agli attimi subito successivi al suo incidente lasciano alcuni dubbi, primo tra tutti la velocità con la quale è stato ripulito il luogo del sinistro, forse per non dare a nessuno la possibilità di appurare realmente la natura tecnico-dinamica dell'accaduto?
Che Rino Gaetano possa essere stato vittima di un potere più o meno occulto, è certamente una tesi suggestiva ma ad oggi non esiste nessuna prova che possa validare queste suggestioni e supposizioni. La sorella Anna ha dichiarato che è una leggenda che Rino sia stato rifiutato da diversi ospedali. Ma basta per pensare che tutto questo siano solo suggestioni?
Di certo, non lasciano indifferenti queste parole pronunciate durante un concerto sulla spiaggia di Capocotta nell'estate del 1979, un luogo che il cantautore aveva scelto per un motivo simbolico ben preciso. Ebbene, sembra inquietante, quella sera prima di esibirsi ed attaccare con la musica profetizzò:
«C’è qualcuno che mi vuole mettere il bavaglio, io non li temo, non ci riusciranno, sento che in futuro le mie canzoni saranno cantate dalle nuove generazioni che grazie alla comunicazione di massa, capiranno cosa voglio dire questa sera. Capiranno e apriranno gli occhi anziché averli pieni di sale e si chiederanno cosa successe qui sulla spiaggia di Capocotta».
Un lontano sabato di ventisei anni prima proprio in quel luogo fu ritrovato il corpo senza vita della ventunenne Wilma Montesi. Una vicenda rimasta irrisolta, che finì con il coinvolgere governo e opposizione, magistrati e giornalisti, prelati, avvocati e poliziotti. E portò la Democrazia Cristiana "sull'orlo di un baratro".