FONTANA DELLE TARTARUGHE

FONTANA DELLE TARTARUGHE

La storia della Fontana delle Tartarughe ebbe inizio nel 1570, quando la Congregazione delle Fonti divulgò l’elenco delle nuove 18 fontane alimentate dall’Acqua Vergine e progettate dall’architetto Giacomo Della Porta, piazza Mattei non era inclusa. Molto probabilmente ci dovette essere un intervento politico e finanziario del duca Muzio Mattei (membro del comitato che aveva deciso i luoghi di costruzione delle diciotto fontane) che usò la sua influenza e il suo denaro affinché il sito della futura Fontana  fosse spostato proprio nella piazzetta sotto il suo palazzo. E così l'opera risultò di una foggia più ricca e con una maggiore prevalenza scultorea nei confronti delle altre. Il progetto originario del Della Porta prevedeva i quattro efebi progettati in marmo, ma furono realizzati in bronzo dallo scultore Taddeo Landini in una nudità e aspetto poco più che adolescenziale. I quattro giovani reggono per la coda, sotto di loro, altrettanti delfini la cui testa è tenuta ferma dal piede destro degli stessi, i quali alzano tutti il braccio destro verso il bordo di una vasca di bigio africano sovrastante a sostenere (oggi) quattro tartarughe (una ciascuno). Originariamente avrebbero dovuto sostenere altrettanti delfini, però mai realizzato lì (ma ricordati nei documenti, che ne indicano in totale otto): non furono mai posti in opera in questa fontana in quanto si riteneva che la pressione dell’acqua non ne consentisse l’elevazione prevista e così andarono ad ornare la fontana della Terrina, allora situata in Campo de’ Fiori ma che oggi si trova in piazza della Chiesa Nuova.

Le tartarughe che gli efebi sembrano spingere ad abbeverarsi nella vasca superiore e che hanno dato poi il nome alla fontana furono aggiunte in un restauro del 1658 operato per volere di papa Alessandro VII Chigi, e sono attribuite a un suggerimento di Gian Lorenzo Bernini. Le modifiche apportate forse già in fase di prima realizzazione avevano infatti sortito come effetto che le mani degli efebi non riuscissero più a raggiungere il bordo del catino superiore, le quattro tartarughe servirono dunque a riempire i vuoti ingiustificati, che originariamente dovevano essere riempiti dai quattro delfini non utilizzati. In occasione dello stesso restauro venne eliminata l'originaria base a gradini per aumentare la scarsa pressione dell'acqua, abbassandone il punto di fuoriuscita. Il restauro è ricordato da un'iscrizione suddivisa su quattro cartigli in marmo, posti sui lati della vasca principale, tra le conchiglie. Il testo è possibile evincerlo nella foto qui di seguito. Purtroppo le tartarughe originali sono andate perdute perché vittime di furto vandalico e che stessa sorte hanno subito alcune delle copie successive, mentre gli efebi originali, trasferiti al Museo di Roma, sono stati prudentemente sostituiti da perfette repliche.

Dalla Fontana delle Tartarughe, prendendo via della Reginella, è possibile sbucare nel cuore dell’antico Ghetto ebraico, in via del Portico d’Ottavia.

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