FONTANA DEL TRITONE

LA FONTANA DEL TRITONE  di Claudio Di Giampasquale

Gian Lorenzo Bernini è stato uno dei più eccelsi interpreti dell'arte figurativa. Protagonista del Seicento artistico europeo, con lui la scultura barocca raggiunse i vertici più alti. A Roma l’influenza dei capolavori del Bernini è di enorme portata, le sue opere hanno profondamente modificato il volto della città eterna contribuendo a renderla ancor più spettacolare e multiforme.

Scultore, architetto, pittore e scenografo fu un artista poliedrico ed ogni suo capolavoro è perfetta dimostrazione di un’arte sublime: spettacolare, movimentata, drammatica e coinvolgente.

Il pontefice Urbano VIII al secolo Maffeo Barberini, fu fondamentale per l'affermazione artistica del Bernini nato a Napoli nel 1598 da papà Pietro scultore toscano di Sesto Fiorentino e mamma Angelica giovane popolana vomerese.

Quando il piccolo compì sette anni, la famiglia Bernini si trasferì a Roma e Gian Lorenzo crebbe e si formò artisticamente nella bottega del padre, affermato artista tardomanierista famoso per la sua abilità nello scolpire il marmo, che gli trasmise tutta la sua passione e i “segreti del mestiere” 

Una delle realizzazioni artistiche più note e apprezzate è la «Fontana del Tritone» nelle vicinanze di Palazzo Barberini, al centro della piazza che dalla famiglia pontificia prese il nome.

Correva il terzo decennio del diciassettesimo secolo quando il papa per celebrare la propria ascesa al soglio pietrino, decise di abbellire la zona che circondava la sontuosa reggia di famiglia, ovvero l’ampia spianata sotto Palazzo Barberini, un vasto spazio aperto nella parte estrema degli «Horti Sallustiani» che declinava in direzione della piana di Campo Marzio verso il fiume.

Maffeo Barberini aveva intenzione, oltre che di dotare tutto l’edificio dell’acqua proveniente dall’«Acquedotto Felice», anche di abbellirne ulteriormente i paraggi, al fine di espandere e magnificare quell’«insula barberiniana» che dall’alto delle pendici del Collis Quirinalis sembrava dominare la città di Roma come una vera e propria roccaforte.

L’«Acquedotto Felice» era stato edificato circa mezzo secolo prima per volere di papa Sisto V, fu il primo acquedotto costruito per la città dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente. Dalle campagne nei pressi di Zagarolo e Palestrina, l’aqua veniva trasportata nell’Urbe dotando le zone adiacenti il Viminale, il Quirinale e parte del centro, di cospicuo approvvigionamento idrico.

Per non alterare gli equilibri di fornitura pubblica in corso, papa Clemente VIII acquistò a Pantano dé Grifi località nei pressi di Colonna dei terreni che possedevano ulteriori fonti al fine di immettere nel condotto nuove vene dell’acqua Felice, li ottenne impiegando risorse economiche di famiglia ed anche i lavori e le opere di decoro urbano furono eseguiti a sue spese, per la realizzazione dei quali decise di incaricare il prestigioso artista Gian Lorenzo Bernini. 

La genesi progettuale della Fontana del Tritone fu breve, più che altro mirata alla decisione di una scelta iconografica che corrispondesse ai desideri del papa che desiderava nel centro della nascente piazza un monumento idrico spettacolare, che dominasse la città dall'alto dell’ampio spazio sotto il suo palazzo sul colle ove nei pressi, anticamente aveva dominato il tempio di Quirino il valoroso dio armato di lancia identificato e divinizzato con la figura di Romolo fondatore e primo re di Roma.

Del progetto sono testimonianza due studi grafici della bottega berniniana: si decise di realizzare una fontana costituita da una bassa vasca quadrilobata, al cui centro s’innestassero quattro delfini in atto di sostenere una larga conchiglia aperta, su cui erigere un possente tritone che gonfiasse le gote per far suonare una buccina dalla quale sgorgasse l'acqua Felice.

La visione artistica del geniale artista s'ispirò evidentemente al «passo ovidiano delle Metamorfosi» in cui l’apparizione di Tritone che suonava la propria conchiglia poneva fine al diluvio decretato da Giove e scatenato da Poseidone, le acque si ritirano grazie all’intervento degli dei che «mettendo ordine al chaos primordiale, diedero origine al mondo».

Bernini attraverso questa magnifica icona scultorea riuscì a rispettare la volontà del papa: la metafora del tritone musicista di Ovidio che controllando i mari portava la pace e la vita, narrava come la nuova canalizzazione dell’Acquedotto Felice sul colle barberiniano donasse ai romani una nuova fontana pubblica, in una zona prevalentemente incolta, solo a tratti coltivata a vigna o a orto. Il tritone ideato dal Bernini si pose quindi come simbolo del potere salvifico e rigeneratore della famiglia Barberini e, posto con le spalle a levante sembra parafrasare figurativamente e consacrare l’alba di una nuova giornata che inizia sull’Urbe. 

La Fontana del Tritone è un’opera di eccezionale effetto visivo, una raffinata scultura idrica la cui armonia marca una fase di significativa importanza nell’evoluzione artistica di Gian Lorenzo Bernini, che nel realizzarla riuscì a scuotere le consuetudini rappresentative adottate sino ad allora per la realizzazione di fontane urbane, generalmente a stelo. Bernini inserì al posto del solito supporto di base a colonna lineare, il movimento armonico di due coppie di delfini reggenti l'ampia valva spalancata di una grande conchiglia, al posto della consueta vasca a conca. Ponendo sull'estremità in cima una più piccola conchiglia tortile a mo' di tromba dal quale scaturisce l’acqua, sorretta dalla figura mitologica di un prestante tritone. Sotto la valva, l'opera mette in evidenza le bocche dentate dei delfini che con le code reggono le chiavi degli stemmi papali, decorati con le tre api simbolo araldico della famiglia Barberini. Gli scudi degli insegni stemmi si mostrano accartocciati, quasi stesi, come se fossero bagnati nell’acqua dell’ampio catino dal quale i mammiferi acquatici li hanno tirati fuori per mostrarli al mondo intero.

L’acqua arriva nella vasca dal sottosuolo e, grazie all’illusione creata da Bernini, sembra bevuta dai delfini che la trasportano in alto dove sgorga, con il soffio energico del dio, nel cielo.

In un chirografo pontificio datato 9 settembre 1642 si evince che la somma complessiva stanziata dai Barberini alla bottega berniniana per la realizzazione dell’opera, ammontò a 4800 scudi, che vennero versati su un conto di deposito presso il Banco di Santo Spirito tra il 5 settembre 1641 e il 27 gennaio dell’anno successivo.. 

Il tritone Glauco figlio di Poseidone che sotto i gorghi della sua musica porge le spalle verso levante. Il tritone che soffia nel suo corno lanciando verso l’alto potenti zampilli di «acqua Felice» variopinta col sole dai colori dell’iride. Il tritone che oggi domina la lunga via in discesa a lui nominata piena di negozi e che si dirige rettilinea in direzione di largo Chigi e di Montecitorio. Il tritone della Fontana del Bernini che da oltre quattro secoli è allegorico e silente guardiano di Roma; e che circondato dal caotico traffico domina dal nucleo dell’ellittica piazza Barberini «fermo» in un tripudio di «movimento barocco», di arte, di drammaticità e di coinvolgimento, nella grande bellezza della città eterna.

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