CASSIUS CLAY

LA STELLA ARRIVATA DA LOUSVILLE di Claudio Di Giampasquale

Roma dev’essere stata magnifica sul finire dell’Agosto1960. Pier Luigi Nervi ha consegnato alla città il Palazzo dello Sport, le Terme di Caracalla ospitano la ginnastica, la Basilica di Massenzio la lotta, la maratona si corre ai Fori Imperiali. Il 25 agosto, nel ristrutturato Stadio Olimpico, viene dunque dato il via ai Giochi della XVII Olimpiade.

Nella seconda metá dello stesso mese, il diciottenne Cassius Marcellus Clay Jr. sale sull’aereo che lo porterà alle Olimpiadi della Capitale d’Italia, si siede nelle prime file, assieme ai compagni di squadra. È un gigante buono dalle guance piene ed i capelli ricci, sempre sorridente. Ama parlare, parlare, parlare, è il suo modo per tener lontana la paura.

Presto imparerà che le parole potranno essere usate anche per combattere sul ring e non solo sul ring. Joe Martin è suo allenatore, il primo, un signore alto, magro, con pochi capelli e un paio di baffetti sottili, aveva impiegato quattr'ore per convince Cassius a salire su quell'aereo: «Perché non posso andare a Roma in treno come ho fatto per i Golden Gloves?». «Perché i treni non viaggiano sull’acqua, Cassius. E tra l’America e la Capitale d’Italia c’è l’Oceano». «Potrei prendere la nave». «Sarebbe un viaggio troppo lungo e faticoso». «E allora non vado». «E allora perdi la più grande occasione della tua vita». «L’aereo mi fa paura». «Non c’è altro mezzo».

Alla fine, Joe riesce a convincere il ragazzo che si siede su un posto lato corridoio, lontano dal finestrino. Non ha alcuna intenzione di guardar fuori, non vuole trovarsi faccia a faccia con il suo nemico: la paura di volare. Ancora un'ultima turbolenza, poi finalmente l’atterraggio all’aeroporto di Fiumicino.

Appena giunto a Roma, immediatamente si fa conoscere dagli altri atleti del Villaggio Olimpico, è lui stesso a presentarsi, a tutti: «Sarò il più grande pugile d'ogni tempo». Cassius Clay è una sorta di giocherellone che avvolge con le sue parole chiunque abbia la fortuna/sfortuna di incrociarne la strada. Stringe decine di mani, si presenta, parla in continuazione.

Nei primi quattro giorni in quel nuovo quartiere romano vicino al Tevere, posa per una foto ricordo con almeno trenta delegazioni e firma centinaia di autografi. Vive con gli altri, nelle tre stanze con letti a castello che la delegazione USA ha al Villaggio. Nei primi giorni si innamora anche; sono in tanti lì ad aver perso la testa per Wilma Rudolph, anche se tutti sanno che lei tra un mese sposerà Eduard Crook jr, altro pugile americano in corsa per la medaglia d’oro. 

Finalmente arriva il momento di combattere: l’esordio sul ring del Pala Eur avviene il 30 agosto, l’avversario è un belga, Yvon Becot. Sugli attacchi del rivale, Clay scarta e fa un passo indietro per poi rientrare con il destro che scuote ogni volta Becot, gancio sinistro e diretto destro, il giovane europeo non sa come ripararsi da quella furia della natura; diretto destro, gancio sinistro e le ginocchia del buon Yvon si piegano, è KO, dopo solo un minuto e cinquanta secondi del secondo round.

I quarti di finale si svolgono il primo settembre, stavolta il rivale è decisamente più tosto: Gennady Shatkov, viene dall’Unione Sovetica uno Stato che ha nella sola Mosca più di mille dilettanti e addirittura centoventi istruttori che insegnano i segreti della boxe. Gennady è uno studente di Scienze all’Università di Leningrado, ha 28 anni, dieci più di Clay. Il Sovietico arriva a questa sfida con un record di 215 vittorie e 12 sconfitte e soprattutto con la medaglia d’oro nei pesi medi conquistata all’Olimpiade di Melbourne 1956, oltre alle vittorie nella stessa categoria ai campionati europei del 1955 e del 1959. Al primo turno ha sconfitto ai punti il lussemburghese Ray Cillien e ora si trova davanti quel ragazzo del Kentucky. Boxano con lo stesso stile, preferendo la media distanza si affidano al jab. Hanno braccia veloci e intelligenza tattica, ma Shatkov è più basso e soprattutto meno rapido e «Il pugno di Clay, prima lo senti e poi lo vedi». Finisce ai punti ed è senza alcun dubbio l’americano a meritare il successo, i cinque giudici son tutti d’accordo.

La semifinale nasconde qualche difficoltà in più: Tony Madigan campione dell’Impero Britannico nel 1958, un trentenne sicuro che le cose finiranno per il verso giusto: la propria vittoria. Inizia il match, Madigan spreca poco e con i suoi sinistri allo stomaco e i destri alla mascella mette in difficoltà Clay. Ma Cassius è abile ed ha un incredibile fondo atletico. Alla fine sono il suo jab sinistro ed i diretti destri portati a ripetizione a regalargli un altro verdetto unanime.

Ormai tra lui e la medaglia d'oro c’è soltanto un mancino polacco, Zbigniew Pietrzykowski. Finale della categoria mediomassimi: in un Pala Eur gremito, il ragazzo di Lousville deve stravolgere le consuete dinamiche di combattimento, azzerare quello che ha imparato e che c'è di istintivo nella sua boxe. Si ritrova insomma come a battersi contro un avversario allo specchio, ad ogni azione naturale deve corrisponderne una esattamente contraria. Zbigniew ha un fisico tarchiato, buon jab, discreto movimento di gambe, in semifinale ha eliminato l’azzurro Saraudi, quando porta il gancio sinistro è capace di creare sconquassi. Al centro del ring i due pugili sono attesi dall’arbitro italiano Ermanno Tinelli; suona il primo gong, lo stile aggressivo del mancino mette in difficoltà Clay che chiude più volte gli occhi prima di provare a reagire e quando lo fa il suo destro comincia a creare i primi vistosi danni a Pietrzykowski. Il terzo round diventa una passerella per il giovane atleta americano: balla, scherza, fa il doppio passo, pratica una boxe “dentro e fuori” che raramente si è mai vista. Il polacco viene travolto, perde sangue dalla bocca e dal naso. Cassius seppur stanco, continua ad affondare colpi senza sosta e alla fine non ha neppure la forza di esultare.

Lunedì 5 Settembre 1960: Cassius Clay è appena diventato campione olimpico, una magica notte romana in cui il campione di Louisville spicca il volo verso la leggenda.

Share by: